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La pregevole ricerca di Manuela Alessio si presenta doppiamente significativa. In primo luogo essa colma una vistosa lacuna degli studi, ricostruendo con grande puntualità e rigore i profili teorici dell'opera di Gerhard Leibholz: figura di costituzionalista e filosofo politico tanto importante quanto finora scarsamente considerata (in specie se messa a confronto non solo con il suo alter ego Cari Schmitt, ma anche con altri giuristi e politologi weimariani come Ernst Fraenkel, Otto Kirchheimer, Franz Neumann, Hermann Heller, Rudolf Smend). In secondo luogo, e più in generale, essa consente - attraversando gli scritti leibholziani - di prendere in esame un aspetto di grande rilevanza teorica, per molti versi ancora attualissimo: la torsione storico-concettuale subita dalla nozione di "rappresentanza" nel passaggio dal liberalismo ottocentesco alla democrazia di massa degli anni venti, fino al fenomeno totalitario degli anni trenta.